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La cardiologia interventistica

La cardiologia interventistica

In Italia le malattie ischemiche cardiache rappresentano ancora la prima causa di decesso (11.6%), nonostante il sensibile decremento percentuale rispetto al 2003 (13.9%).

Questo quanto emerso da uno studio statistico riguardante la mortalità per causa (anni 2003-2014), elaborato da ISTAT e presentato nel maggio 2017.

La cardiologia interventistica coronarica

Da 60 anni lo scopo della Cardiologia Interventistica Coronarica è quello di diagnosticare e trattare le patologie cardiache ischemiche, con un approccio di tipo percutaneo radiologico. Si tratta di una branca della medicina che usa l’albero arterioso per intervenire sul cuore, utilizzando dispositivi medici di ultima generazione e ad elevata innovazione tecnologica.

Evoluzione tecnologica e scientifica

Pioniere della cardiologia interventistica è stato il Dottor F.Mason Sones, il primo nella storia a visualizzare un’arteria coronaria tramite liquido di contrasto durante una procedura di emodinamica su di un paziente di 26 anni affetto da cardiopatia reumatica, accorgendosi che il catetere da lui guidato non era posizionato in aorta, come prevedeva l’intervento, ma accidentalmente era entrato in coronaria destra. Era il 1958. 

Da quel momento iniziò un processo evolutivo tecnologico e scientifico inarrestabile:

  • nel 1967 il Dottor M.Judkins creò una selezione di curve di cateteri angiografici dedicati per visualizzare selettivamente le coronarie,
  • nel 1977 il Dottor A. Gruentzig, eseguì il primo trattamento di una patologia vascolare coronarica utilizzando l’approccio percutaneo,
  • nel 1994 è stato approvato l’utilizzo dello Stent Metallico (o BMS, Bare Metal Stent), innovazione che ha aperto le porte alla Cardiologia Interventistica

La cardiologia interventistica strutturale

L’avvento del 21° secolo ha visto la nascita della cardiologia interventistica strutturale, con i primi impianti di valvole percutanee nell’uomo ad opera di P. Bonhoeffer (Stent valvolato in un condotto polmonare) e A. Criber (Valvola Aortica percutanea Pallone-Espandibile per via retrograda con tecnica transettale).

Approccio percutaneo: un approfondimento

L’approccio percutaneo, noto anche come tecnica di Seldinger (dal nome del suo scopritore), è una puntura che per trasfissione dalla cute (con l’ausilio di un ago) ha l’obiettivo di raggiungere un vaso arterioso, particolare:

  • arteria femorale,
  • arteria radiale,
  • arteria omerale

per introdurvi una cannula valvolata – chiamata introduttore – utile per il mantenimento e la gestione dell’accesso vascolare.

Attraverso l’introduttore, quindi, è possibile portare all’interno del letto vascolare arterioso una serie di dispositivi medici, indispensabili per l’esecuzione della procedura e di conseguenza utili al trattamento della patologia di base.

Ad esempio vengono utilizzati:

  • fili guida coronarici che fungono da binario sul quale scorrono palloni per la dilatazione e quindi per la rivascolarizzazione dei vasi occlusi,
  • stents, maglie cilindriche metalliche che mantengono le arterie dilatate e prive di ostruzioni.

Durante l’intervento è possibile visualizzare il percorso dei vasi e quindi direzionare e guidare i dispositivi medicali grazie ad un Angiografo a raggi X e a del liquido di contrasto iodato, iniettato direttamente all’interno delle arterie.

È grazie a questa procedura, perfezionata nel corso degli anni, e all’innovazione tecnologica dei dispositivi ad essa correlati, che è oggigiorno possibile trattare efficacemente la patologia cardiaca ischemica e ridurre così la mortalità da essa causata.

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